Mi fa strada all’interno del Suo appartamento. Siamo in soggiorno. Lui è seduto sul divano e io gli sono di fronte, in piedi. Scruto nervosa i volumi riposti nella libreria alla ricerca di qualcosa che mi sia familiare. Ad un tratto la mia attenzione viene richiamata:“Alzati la gonna”, mi dice con tono pacato ma deciso. Con le mani sollevo la gonna e mostro le mutandine, rosse come ha richiesto Lui.
Le gambe tremano e fremo dall’eccitazione e dall’imbarazzo.
Passo una buona mezzora a farmi ammirare e misurare da Lui. Girandomi, chinandomi, allargandomi, sempre seguendo le Sue richieste.
Poi mi chiama vicino a sé. Mi metto in ginocchio sul divano. Cerco il Suo sguardo, ma il mio imbarazzo è tale che finisco sempre con l’evitare di incrociarlo. Non saprei se l’inibizione di quei momenti sia dovuta alla sottile umiliazione di non ribattere ma eseguire ogni richiesta che mi si pone, o all’imbarazzo dell’eccitazione dovuta proprio al sommesso risvolto umiliante che deriva dall’atto di ubbidire.
In fondo un rapporto di sottomissione consensuale è un rapporto dispari. Non per una disparità della propria portata umana, ma più semplicemente perché una parte domina, decide, e l’altra sottostà, si arrende.
Sento la Sua mano premere sul mio capo, e lascio che lo prema fino a fondere i miei sensi con la Sua Essenza maschile fattasi turgida sotto il mio palato. E mi sento così indifesa mostrando in maniera tanto evidente l’umida eccitazione mentre l’altra Sua mano è già scivolata oltre le mutandine.
Ci alziamo. Mi fa spogliare dalla vita in giù, fatta eccezione per le calze autoreggenti. Posa una mano sui miei fianchi e mi conduce in camera da letto.
Finora credo di non aver ancora detto molto a causa della salivazione azzerata, ho ascoltato soprattutto.
Sono sul letto, chinata a carponi. So che Lui è dietro di me, ma non so cosa sta facendo e pensando e guardando. Aspetto e poso il volto sul materasso per essere più comoda. Di tanto in tanto sento la Sua voce che mi dice di mantenere il sedere ben visibile, svettante con provocante disponibilità, seguita da una pacca sulla chiappa sinistra. Poi è un attimo, e lo sento affondarsi fino in fondo in un solo movimento, deciso e denso. Lo sento corposo, rigido e imponente. Più si spinge a fondo più i miei muscoli si irrigidiscono, quasi incapace di rendermi morbida e flessuosa. Mi sta facendo Sua per la prima volta e quella che provo è una sensazione che non conosco: di estraneità e di assoluta coscienza allo stesso tempo.
…
So che non ho influito nel susseguirsi degli eventi, non li ho diretti e decisi; li ho volontariamente affidati a Lui, eppure ho goduto pienamente della percezione più pura di ciò che stava accadendo, per tutto il giorno.
A nessuno avevo mai concesso la piena facoltà di disporre a proprio piacere di me.
Mai prima di incontrare Lui ho conosciuto una padronanza tale, una coscienza completa e certa della propria essenza più vera di Maschio. Qualcuno con il pieno controllo di tale realtà, tanto da dominarla, facendo abbandonare e arrendere ad essa. E non c’è nulla che abbia a che vedere con retroscena trasgressivi o estremi, è solo l’autentica seduzione di un fascino maschile ravveduto e consapevole di quanto vuole e lo fa godere, e il conseguente piacere personale di cedere a tale fascino l’affidamento di sé stesse…
daniela di JT |