LE DÉPART
   
 
  Sweetly

E’ sera. Rannicchiata sul divano rileggo per la quinta volta Cent’anni di solitudine di G. Marquez. Conosco ogni riga di quel libro, forse è questo che mi fa proseguire pagina dopo pagina pur non prestando alcuna attenzione. Il Suo pensiero mi rapisce.

Volto un’altra pagina, ma la mia mente è altrove. Chiudo il libro e lo ripongo sul bordo del divano. Mi distendo e stringo forte la coperta di lana. La casa è fredda, per via delle mura vecchie.

Vorrei essere stretta a Lui ora, o anche solo rannicchiata in un angolo delle tasche dei Suoi pantaloni. Cerco il Suo odore tra i cuscini del divano e il Suo calore tra le pieghe della coperta che mi fascia.

Rivedo il Suo sguardo serio mentre mi parla. L’attenzione dei Suoi occhi mi penetra fino a disarmarmi.

Non ho più segreti e atteggiamenti e filtri e difese, non c’è nulla che Lui non possa vedere e toccare e prendere per sé…

Porto la coperta fin sopra il capo come ad avvolgermi nel Suo calore. Come un mollusco racchiuso nella sua conchiglia, cullato dalle note del mare che onda dopo onda compongono una dolce musica in lontananza.

Lontano, ma c’è. Riesco a sentirlo mentre il mio cuore accelera la sua corsa all’immagine delle Sue labbra rosee che dipingono un delicato sorriso sul Suo volto. Forse mi trova buffa ora, forse sono stata spiritosa o forse gli è solo passato per la mente un ricordo divertente. Non gli chiedo nulla. Mi piace vederlo sorridere. Si formano delle curiose pieghette ai lati della bocca che lo rendono ancora più bello…

Penso a quando ci siamo visti l’ultima volta. Credo siano passati circa venti giorni? La percezione dello spazio e del tempo si dilata; ogni giorno senza di Lui mi pare un’eternità.

Chiudo gli occhi. Sono nel Suo letto. Abbiamo appena fatto l’amore. Lui è sdraiato a fianco a me. I miei occhi si consumano sulla Sua pelle. Scorrono lungo il Suo volto. Ammiro i Suoi corti e folti capelli castani, l’espressione serena contenuta in un sorriso celato, le Sue braccia forti adagiate lungo il Suo petto così virile. Il Suo Membro ancora rigonfio che risalta nella piega delle cosce distese l’una sull’altra.

A fatica controllo i miei movimenti. Le mie mani vorrebbero toccarlo. Vorrei sfioralo delicatamente, con la cura che si presta al tocco di un oggetto prezioso. Allo stesso tempo vorrei affondarle nella Sua carne con tutta la passione che mi vibra in corpo.

Quando apre gli occhi mi sorride. Sa che non ho fatto altro che guardarlo. Mi imbarazza. Con una presa decisa mi avvicina a sé. Le Sue labbra socchiuse si lasciano baciare e inumidire dalla mia lingua che cerca continuamente la Sua. Ma ogni volta mi scosta. Non mi resta che attendere che sia nuovamente vicino a me. Allora riprendo a baciarlo e sfiorare il Suo ventre con le mani. Mi scosta nuovamente. E’ delicato nei movimenti ma inesorabile nel farmi intendere cosa vuole e cosa non vuole.

Forse qualche volta si concede di giocare un po’, o forse non fa altro che tenermi al mio posto, controllando quello che talvolta non riesco a controllare io.

Penso alle Sue mille attenzione. Mai scontate, mai regalate. Ogni concessione va sudata e meritata e riconosciuta e ringraziata…

Le Sue dita premono con fermezza sui miei orifizi caldi e umidi, penetrandoli appena. Il Suo sguardo in quel momento così Padrone denuda ogni mia emozione.

Mi chiedo se Lui sa di darmi tanto. Mi chiedo se a Lui pesa sapere che non gli darò mai quanto Lui da a me. Che non riuscirò mai a farlo da sola.

Ho un fremito tra le cosce. Apro gli occhi. Fuori il cielo è buio. Mi faccio sempre più piccola nella mia coperta a quadretti colorati.

Prendo il cellulare. Controllo i messaggi. So di non averne, ma il bisogno di Lui va ben oltre la razionalità.

Nuovo messaggio, rubrica: premo il Suo nome, testo: …. Mi soffermo per un attimo. Penso che non ho nulla da scrivere. Non c’è nulla di così urgente da comunicargli. Chiudo il telefono. Mi basterebbe parlargli, avere una Sua risposta, una Sua parola, per quietarmi. Riapro il cellulare. Un’altra volta nuovo messaggio, un’altra volta premo il Suo nome nella rubrica, un’altra volta abbozzo qualche riga di testo, un’altra volta chiudo il telefono.

Così per almeno cinque volte.

Spero che sia Lui a scrivermi qualcosa, anche un rimprovero per motivi che ignoro, una comunicazione di servizio, qualsiasi cosa pur di potergli rispondere e parlare. So perfettamente che non lo farà. So che non c’è motivo per farlo. So che Lui c’è. So che mi pensa. So che nel mio silenzio che lo lascia tranquillo e sereno e libero, Lui è consapevole che ci sono, che lo attendo, che gli ubbidisco.

Ripenso alla lettera che mi ha scritto un paio di giorni fa. Un gesto piccolo ma in fondo così grande nel suo significato. Un gesto spontaneo di Sua pura volontà. Un dono intriso d’orgoglio per la Sua femmina a cui basta saperlo tranquillo e spontaneo per essere felice.

Penso che ha ragione. E’ così. Una Sua attenzione voluta vale cento volte di più di una Sua attenzione richiesta o ricercata.

Scuoto il capo riflettendo su quanto sia inutile annoiarlo o allarmarlo solo per il mio personale egoismo che lo vorrebbe sempre presente, sempre vicino. Quale femmina metterebbe il Suo volere in secondo piano per soddisfare i propri capricci? Quale femmina sarebbe contenta a non ubbidirgli e costringerlo in gesti che altrimenti non avrebbe ragione di fare?

Prendo il cellulare. Cancello tutte le bozze di messaggi. Lo chiudo e lo ripongo sul tavolo. Torno sul divano e penso a quanto mi fa stare bene questo Suo sincero ed umano modo di starmi vicino. Quanto mi rende fiera questa costante conferma di essere Sua attraverso una delle prove più difficili: saperlo amare e farlo vivere anche quando non c’è. Saper mantenere viva la devozione che mi piega a Lui come una forza a cui mi arrendo per poi gioirne serenamente.

Penso che per Lui non può che essere una soddisfazione non dovermi imboccare continuamente per essere certo che sono qui, in trepidante attesa di una Sua chiamata. Che non ci sia nulla di più appagante di saper concedere al proprio Padrone la libertà di aver voglia di vedere e chiamare e parlare con la propria femmina.

Un Padrone indica la via da seguire, ma una vera femmina deve saperla percorrere sulle proprie gambe. Lui non dovrebbe far altro che aspettare di essere raggiunto ogni volta, ogni volta…

Ora sotto la coperta mi sento colma di Lui, della Sua presenza, della Sua attenzione.

Appoggio il capo sul cuscino. Chiudo gli occhi. E dentro di me spero non si farà sentire ancora per giorni e giorni, regalandomi così la possibilità di essergli ancora più utile e di renderlo ancora più orgoglioso di me…

Sto per addormentarmi, e il mio ultimo pensiero è per Lui.

Dolcemente dormo...

 

 daniela di JT

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